domenica 18 gennaio 2009

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rex lilium - versioni latino ...

Radio**Rex Lilium

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rex lilium

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il re vi tiene informati!!!

L' importanza della memoria

............L' importanza della memoria...........
At memoria minuitur, nisi eam exerceas. Themistocles omnium civium perceperat nomina; Nec vero quemquam senem audivi oblitum, quo loco thesaurum obruisset; Philosophi senes quam multa meminerunt! Manent ingenia senibus, modo permaneat studium et industria. Sophocles ad summam senectutem tragoedias fecit; quod propter studium cum rem neglegere familiarem videretur, a filiis in iudicium vocatus est, ut illum quasi desipientem a re familiari removerent iudices. Tum senex dicitur eam fabulam, quam in manibus habebat et proxime scripserat, Oedipum Coloneum, recitasse iudicibus quaesisseque, num illud carmen desipientis videretur. Quo recitato sententiis iudicum est liberatus.
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Ma la memoria diminuisce se non la tieni in esercizio. Temistocle sapeva a memoria il nome di tutti i suoi concittadini. E in verità non ho mai sentito di nessun vecchio che avesse dimenticato dove aveva nascosto il tesoro; i filosofi, quante cose ricordano pur da vecchi! Nei vecchi rimangono le capacità intellettuali, purché rimangano l'applicazione e l'operosità. Sofocle compose tragedie sino all'estremo limite della vecchiaia; poiché per questa sua passione sembrava trascurare il patrimonio di famiglia, fu citato in giudizio dai figli affinché, i giudici lo allontanassero, come se fosse un rimbambito, dal patrimonio domestico. Allora si narra che il vecchio recitasse davanti ai giudici quella tragedia che aveva tra le mani e che da poco aveva composto, l'Edipo a Colono, e chiedendo poi se ad essi quel carme sembrava opera di un rimbambito; dopo averla declamata, fu prosciolto dalla sentenza dei giudici.

Pazzia simulata di Solone


Inter Athenienses et Megarenses de proprietate Salaminae insulae prope usque interitum armis dimicatum fuerat. Post multas clades capital esse apud Athenienses coepit, si quis legem de vindicanda insula tulisset. Sollicitus igitur Solon, ne aut tacendo parum rei publicae consuleret aut censendo sibi, subitam dementiam simulat, cuius venia non dicturus modo prohibita, sed et facturus erat. Deformis habitu more vaecordium in publicum evolat factoque concursu hominum, quo magis consilium dissimulet, insolitis sibi versibus suadere populo coepit, quod vetabatur, omniumque animos ita cepit, ut extemplo bellum adversus Megarenses decerneretur insulaque devictis hostibus Atheniensium fieret.
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Fra Ateniesi e Megaresi si era combattuto con le armi, fin quasi alla rovina, per il possesso dell'isola di Salamina; dopo molte sconfitte, presso gli Ateniesi incominciò ad essere (considerato) delitto capitale, se qualcuno avesse promulgato una legge per rivendicare l'isola. Solone dunque, preoccupato di provvedere poco allo Stato tacendo o (di provvedere poco) a se stesso avanzando una proposta, finse un'improvvisa follia, e con questa scusa aveva intenzione non solo di dire le cose proibite, ma anche di far(le). Imbruttito nell'aspetto come i pazzi, scappa fuori in pubblico e, accorsa gente5, per dissimulare maggiormente il (suo) consiglio, incominciò, con versi insoliti in quella situazione, a convincere il popolo (a fare) ciò che era vietato, e prese talmente gli animi di tutti, che subito fu decretata la guerra contro i Megaresi e, vinti i nemici, l'isola diventò degli Ateniesi.Tratto da Splash Latino - http://www.latin.it/versione/1505

GIOVE E I CICLOPI SCONFIGGONO I TITANI

Giove e i ciclopi sconfiggono i titani

Divinum fuit sine ullo dubio certamen quod inter nonnullos deos olim provocatum est. Nam pugna quam Cyclopes et Gigantes bellaverunt contra Titanos diu anceps fuit. Sed ex improviso apparuit Iuppiter, deum rex, qui sibi et aliis victoriam paravit. Quisnam autem deorum regem hominumque patrem superat? Iuppiter enim, sine ulla mora, iactavit nonnula fulmina contra illos inimicos qui maiore vi quam aliorum pugnabant. Quae fuit eorum caedes! Alii eorum cadunt, alii saucii in fugam vertunt. Ipse Iuppiter Titanos praecipitavit in atrum Tartarum. Nemo Iovis iram eiusque sociorum vitare potuit. Ita inter deos revertit pax et omnes beate vixerunt.
traduzione

Senza dubbio fu soprannaturale la lotta che, tra alcuni dei, scoppiò un giorno. Infatti la battaglia che i Ciclopi ed i Giganti combatterono contro i Titani, per lungo tempo fu incerta. Ma, all'improvviso, apparve Giove, il re degli dei, che procurò la vittoria per se stesso e per gli altri. Chi mai supera il re degli dei e padre degli uomini? Giove infatti, senza alcun indugio, scagliò dei fulmini contro quei nemici che combattevano con forza maggiore rispetto agli altri. Quale fu la loro strage! Alcuni di essi perirono, altri feriti furono messi in fuga. Lo stesso Giove gettò giù, nel buio Tartaro, i Titani. Nessuno potè evitare l'ira di Giove e dei suoi compagni. Così tra gli dei ritornò la pace e tutti vissero felicemente.

IL SISTEMA POLITICO DEI GALLI

IL SISTEMA POLITICO DEI GALLI

Quoniam ad hunc locum perventum est, non alienum esse videtur de Galliae moribus proponere. In Gallia non solum in omnibus civitatibus atque in omnibus pagis partibusque, sed paene etiam in singulis domibus factiones sunt, earumque factionum principes sunt qui summam auctoritatem habere existimantur. Idque eius rei causa antiquitus institutum esse videtur, ne quis ex plebe contra potentiorem auxilio careret: suos enim quisque opprimi et circumveniri non patitur, neque si aliter facit ullam inter suos habet auctoritatem.Haec eadem ratio esse videtur in summa totius Galliae: namque omnes civitates in partes duas divisae videntur. Cum Caesar in Galliam venit alterius factionis principes videbantur esse Haedui, alterius Sequani.
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Poichè si è giunti a questo punto, non sembra che sia fuori luogo parlare dei costumi della Gallia. In Gallia ci sono fazioni rivali, non solo in tutte le città e in ogni villaggio e nelle frazioni e i capi di quei pariti sono coloro che si ritiene abbiano il potere supremo.
E sembra che ciò fu instituitò nell'antichità per questo motivo, affinchè nessuno delle plebe fosse privo di aiuto contro uno più potente:infatti nessuno sopporta che i suoi siano oppressi e assaliti (ingannati), e non ha nessuna autorità tra i suoi se si comporta diversamente. Questa usanza sembra che sia la stessa in tutta la Gallia; infatti sembra che tutte le città siano divise in due partiti. Quando Cesare venne in Gallia sembrava che i capi di un partito fossero gli Edui di un altro i Sequani.

La volpe e il lupo al tribunale della scimmia

Lupus quidam olim vulpem accusabat. "Mearum rerum furtum quoddam fecisti" Hoc autem a vulpe negabatur: "Nihil egomet tuum abripui!" Postquam illi semel et iterum his et eiusmondi conviciis inter se frusta certaverant, controversiae suae iudicem simium quendam delegerunt, quo nullas animans neque iustior neque prudentior. Uterque causam suam apud simium peroravit, qui utriusque querimoniam acerrima mente audivit. Postea ab eo haec sentitia dicta est: "Tu, lupe, quae petis numquam pedidisti: ttu vero, vulpes, quae negas haud dubie subripuisti". Quo iudicio neuter eorum absolutus est, at eorum uterque damnatus. Dicax Aesopi fabella hanc veritatem docet: quicumque suis mendaciis est notus, etiam si verum dicit, nemo ei fidem tribuit.
...traduzione...
Un lupo una volta accusava una volpe: " Hai fatto un furto delle mie cose". Al contrario questo era negato dalla volpe: " Io non ho rubato nulla di tuo!". Dopo che quelli inutilmente avevano lottato tra loro insieme e nuovamente con questi e altri insulti, scelsero una scimmia come giudice della loro controversia, poichè non esiste nessun animale più giusto e prudente. Uno e l'altro perorò la propria causa innanzi alla scimmia che ascoltò con severa mente entrambe le questioni. Dopo da questo fu detta questa sentenza: " Tu, o lupo, ciò che chiedi mai (cerca pedidisti): tu in vero, o volpe, che neghi senza dubbio hai rubato". Con questo giudizio nessuno di loro fu assolto, ma al contrario fu condannato. La favola di Esopo insegna questa verità: chiunque è noto per le proprie bugie, anche se dice il vero, nessuno gli attribuisce fiducia

REX LILIUM

REX LILIUM

......la redazione......

Gli dèi adorati dai Galli
Deum maxime Mercurium colunt. Huius sunt plurima simulacra,hunc omniuminventorem artium ferunt,hunc viarum atque itinerum ducem, hunc adquaestus pecuniae mercaturasque habere vim maximam arbitrantur.Post huncApollinem et Martem et Iovem et Minervam. De his eandem fere quam reliquaegentes habent opinionem: Apollinem morbos depellere, Minervam operum atqueartificiorum initia tradere,Iovem imperium caelestium tenere, Martem bella regere.Huic, cum proelio dimicare constituerunt, ea quae bello ceperint plerumquedevovent: cum superaverunt, animalia capta immolant, reliquasque res inunum locum conferunt.Multis in civitatibus harum rerum extructos tumuloslocis consecratis conspicari licet,neque saepe accidit ut neglecta quispiam religioneaut capta apud se occultare aut posita tollere auderet,gravissimumque eirei supplicium cum cruciatu constitutum est.
traduzione
Degli dei principalmente venerano Mercurio; di lui ci sono numerosissime immagini, lo ritengono inventore di tutte le attività, protettore delle strade e dei viaggi, ritengono che egli abbia una assai grande influenza nei commerci e nei traffici; dopo questo venerano Apollo, Marte, Giove e Minerva. Intorno a questi hanno circa il medesimo concetto degli altri popoli: che Apollo scacci le malattie, Minerva presieda ai principi delle arti e delle malattie, Giove tenga il comando degli dei, Marte presieda alle guerre.Quando decidono di combattere, offrono generalmente in voto a costui ciò che avranno preso in guerra; quando vincono sacrificano gli esseri animati presi e ripongono in un sol luogo le altre cose. In molte tribù si possono osservare tumuli eretti nei luoghi consacrati; e di rado avviene che qualcuno osi, messo da parte ogni scrupolo religioso, nascondere nella sua abitazione ciò che è stato preso o sottrarre ciò che è stato depositato, e per il fatto viene deliberata una severissima punizione con tormento.

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Uno stratagemma per salvare Lampsaco

Narrant ab Anaximene philosopho ex certa eversione Lampsacum oppidum servatum esse, Alexandrum, Macedonum rex, qui illam urbem funditus (dalle fondamenta) deleri maxime optabat ad eam cum omnibus suis copiis hostiliter accedebat. Tum Anaximenes, cuius Alexander discipulus fuerat, postquam extra moenia Lampsaci processerat, ad regem accessit. Manifesta erat voluntas qua philosophus movebatur: haud dubie suis precibus regem perturbare cupiebat eiusque animum ab eversione oppidi amovere. Sed rex magna et clara voce publice iuravit se numquam Anaximenis voluntatem expleturum esse. Tum philosophus: " Ego hoc solum opto: dirue Lampsacum!" Ideo Alexander, qui iuraverat se non expleturum esse eius desiderium, Lampsacum delere non potuit.
traduzione
Narrano che la città di Lampsaco sia stata salvata da una sicura distruzione grazie al filosofo Anassimene, che Alessandro, re dei Macedoni, che desiderava distruggere quella città dalle fondamenta, entrava verso quella minacciosamente con tutte le sue truppe. Allora Anassimene, del quale Alessandro era stato discepolo, dopo che era avanzato oltre le mura di Lampsaco, si avvicinò al re. Era chiara la volontà con la quale il filosofo era mosso : senza dubbio desiderava con le sue preghiere distogliere il re e distogliere il suo animo dalla distruzione della città. Ma il re giurò con grande e illustre voce che non avrebbe accontentato il desiderio di Anassimene. Allora il filosofo : " Io voglio solo questo : Distruggi Lampsaco!". Così Alessandro, che aveva giurato che non avrebbe mai accontentato il desiderio di quello, non potè distruggere Lampsaco.

VERSIONE: I Greci respingono l'invasione persiana

Anno quingentesimo ante Christum natum (nel 500 a.C.) Iones a Persis defecerunt (ruppero l'alleanza con i persiani) et Athenienses viginti (venti= riferito a naves) naves miserunt ut Ionibus auxilium ferrent (congiuntivo imperfetto di fero), Eretrienses autem quinque (cinque.sottinteso naves). At Dareus, Persarum rex, rursus Iones subegit, deinde, post decem annos (dieci anni dopo), ingentem classem paravit ut Athenienses et Eretrienses punirentur et Graeci omnes subigerentur. Classi praeerant Datis atque Artaphernes: ad Euboeam insulam appulerunt et statim Eretriam oppugnare coeperunt (terza persona plurale del verbo coepi, che ha solo il perfetto e i tempi da esso derivati); Eretrienses acerrime (molto aspramente) se (si) defenderunt, sed postea a Persis urbs capta est. Tum Hippias, exsul Atheniensis qui (il quale=nom.) in regio exercitu (abl.sing. da exercitus della quarta declinazione) erat, suasit ut ad Atticae oram navigarent: tum Persae omnes copias in campum Marathonium deduxerunt, sed in pugna Athenienses superiores (superiori=concordato con Athenienses) fuerunt hostesque pepulerunt.


Nel 500 a.C. gli Ionici ruppero l'alleanza con i Persiani e gli Ateniesi mandarono 20 navi per dare aiuto agli Ionici, gli Eretrienses cinque. Ma Dario, re dei Persiani, di nuovo sottomise gli Ionici, dopo dieci anni,preparò una ingente flotta per punire gli Ateniesi e Eretriensi e per sottomettere tutti i greci. Date e Artaferne erano a capo della flotta: si spinsero all'isola di Eubea e subito iniziarono ad assediare l'Eretria;Gli Eretriensi si difesero molto aspramente, ma dopo la città fu presa dai Persiani. Allora Ippia, esule ateniese che era nell'esercito regio, persuase che navigassero verso la spiaggia dell'Attica: allora tutti i persiniani radunarono le truppe nella piana di maratona, ma gli ateniesi furono superiori in guerra e sbaragliarono i nemici.

dionigidi siracusa


Dionysius, Syracusanorum Tyrannus, Vir Fuit Summa Temperantia, Acri Ingenio Et Magna Industria, At Natura Crudelis, Maleficus Semperque Suspicionis Plenus. Multos Habebat Amicos, Sed Amicorum Et Propinquorum Fidelitati Non Credebat, Custodiamque Corporis Feris Barbaris Et Servis Committebat. In Magnis Divitiis Vivebat, Magnifica Palatina, Splendita Conclavia, Aurea Lacunaria Habebat. Ub Sermonibus Saepe Ingentes Suas Opes Laudabat, Quapropter Omnes Dionysium Beatum Putabant. Sed, Contra, Miser Tristisque Erat, Quia Propter Nimiam Crudelitatem Et Scelesta Facinora Ille Omnes Timebat Et Semper Magni Terroris Plenus Erat.

Dionisio, tiranno di Siracusa, fu un uomo di grande temperanza, vivace ingegno e grande operosità ma per natura crudele, malefico e sempre pieno di sospetto. Aveva molti amici, ma non credeva nella fedeltà degli amici e dei vicini, e affidava ai forestieri e ai servi la custodia del corpo. Viveva tra grandi ricchezze, aveva magnifici palazzi, splendide stanze, soffitti d'oro. poichè spesso lodava le sue ricchezze con sermoni, per questo tutti lo chiamavano Beato Dionisio. Ma, al contrario, era misero e triste, perchè a causa della troppa crudeltà e delle imprese scellerate quello temeva tutti ed era sempre pieno di grande terrore

Un guerriero imprendibile

Sartacus gladiator Thracius fuit, qui, cum ex ludo gladiatorio evasisset cum multis conservis suis diu cum legionibus Romanorum in Italia bellum gessit et saepe ex acie victor discessit. Nam gladiatorum peritia saepe Romanorum virtutem superavit. Olim, cum Marcus Crassus consul eum deprehendisset, eum in castris captivum tenebat in loco, quem profun afossa cinxerat. Sed ille, cum fossam replevisset corporibus pecorum, quae occiderat, super haec processit et ex castris fugit. Idem, cum Publius Varinius proconsul eius castra obsideret, palos per modica intervalla ante portam fixit et cadavera, vestibus atque armis praedita, ad eos alligavit. Deinde ignes per tota castra fecit ut Romani procul eos cernerent. Ita immagine vana hostes delusit et copias suas siletio noctis e castris eduxit. Idem, cum in Vesuvio monte Romani eum circumsisterent, ex eaparte, ubi mons asperrimus erat ideoque incustoditus, vimine silvestri catenas conseruit, quibus delapsus est et ex obsidione evasit.



Spartaco fu un gladiatore trace, che, essendo evaso dal gioco gladiatorio con molti suoi compagni di schiavitù a lungo fece guerra in Italia contro le legioni dei romani e spesso si allontanò vincitore dalla battaglia. Infatti la perizia dei gladiatori spesso superò la virtù dei Romani. Una volta, avendolo Marco Crasso il console catturato, lo teneva prigioniero nell'accampamento nel luogo in cui aveva scavato una profonda fossa. Ma quello, avendo riempito la fossa con i corpi delle pecore, che aveva ucciso, (processit) su quelle e fuggì dall'accampamento. Lui stesso, assediando il proconsole Varinio il suo accampamento, fissò davanti la porta a poca distanza uno dall'altro dei pali e legò a quelli i cadaveri,ornati di vesti e armi. Infine fece per tutto l'accampamento il fuoco in modo chi romani li vedessero da lontano. Così l'immagine offuscata eluse i nemici e nel silenzio della notte condusse fuori dall'accampamento le sue truppe. Lui stesso, avendolo i Romani circondato sul monte Vesuvio, da quella parte dove il monte era più angusto e incustodito, legò in catene di vimine silvestre con le quali (delapsus est) e evase dall'assedio.

Perseo libera Andromeda

Nereidum ira Cassiopea, Cephei uxore, Aethiopum regina, excitata est. Mulier enim ob pulchritudinem suam magnam arrogantiam sumpserat et se marinis Nymphis aequabat. Itaque deae rogaverunt Neptunum ut eius superbiam puniret. Tum aquarum deus misit in Aethiopiam immanem draconem, ut totam oram maritimam vastaret et incolas vexaret. Quoniam iam multi homines a belua devorati erant, populus, in desperationem adductus, regi suasit ut oraculum consuleret. Sacerdos Apollinis interrogatus sic praedixit: <>. Itaque a rege, ob filiae amorem haesitante, populus petivit ut virgo saxo ligaretur in litore et beluae offerretur. Iam draco, e mari exiens, miseram virginem devoraturus erat, cum Perseus venit, qui eximia corporis forma Andromedae captus, sic patri et matri dixit: <>. Parentes non solum matrimonium sed etiam regnum magno viro concesserunt. Perseus igitur beluam petit, ei multa et mortifera vulnera inflixit et Andromedam liberavit



Per l'ira delle Nereidi, Cassiopea, moglie di Cefeo, regina degli Etiopi, fu cacciata. La donna infatti era diventata arrogante a causa della sua grande bellezza e si paragonava alle marine Nereidi. E così le dee chiesero a Nettuno che punisse la sua superbia. Allora il dio delle acque mandò in Etiopia una enorme drago, affinchè devastasse tutta la spiaggia marittima e vessasse gli abitanti. Poichè già molti uomini erano stati divorati dalla belva, il popolo, spinto dalla disperazione, persuase il re affinchè consultasse l'oracolo. Il sacerdote di Apollo interrogato così rispose: L'ira delle dee sarà placata e tutti saranno liberati dal mostro se Andromeda, figlia del re, sarà immolata come vittima. E così il popolo chiese al re, che esitava per l'amore della figlia, che la vergine fosse legata ad un sasso nel lido e che fosse offerta alle belva. Già il drago, che usciva dal mare, stava per divorare la vergine, quando giuse Perseo, che preso dalla esimia bellezza di Andromeda, disse così al padre e alla madre: Io libererò vostra figlia se da voi otterrò di averla in sposa. I genitori non solo concessero al forte uomo il matrimonio ma anche il loro regno. Perseo dunque ottenne il mostro e inflisse a quello molte e mortali ferite e liberò Andromeda.

Lucumone abbandona Tarquinia

Ancus regnabat: Lucumo, vir impiger ac divitiis potens, Romam commigravit propter cupidinem magni honoris. Demarati Corinthii filius erat. Domo profugus ob seditiones, Demaratus Tarquiniis forte considerat, uxorem ibi duxerat; duos filios habuit: Lucumonem et Arruntem. Arruns ante patrem decedit et uxorem gravidam relinquit; nec diu manet superstes filio pater, sed, ignorans nurum gravidam, immemor in testamento nepotis decedit. Puer, ob inopiam, habuit nomen egerium. Lucumo, omnium bonorum heres, in matrimonium ducit Tanaquilem, nobilem feminam. Etrusci Lucumonem spernebant, filium exsulis advenae. Tanaquil consilium migrandi a Tarquiniis capit. Facile persuadet Lucumoni et Romam emigrant.


Anco regnava: Lucumone, uomo abile e potente per ricchezze, si trasferì a Roma a causa della brama di grande onore. Demarato era figlio di Corinto. Fuggito da casa a causa delle sedizioni, Demarato esamina fortemente Tarquinia, dove si era sposato (ducere uxor); ha due figli: Lucumone e Arrunte. Arrunte muore davanti al padre e abbandona la moglie gravida; neppure il padre superstite rimane per molto col figlio, ma, ignorando la gravidanza della nuora, muore dimentico del nipote nel testamento. Il ragazzo, per necessità, prende il nome di Egerio. Lucumone, erede, ti tutti i beni, prese in matrimonio Tanaquilla, una nobile donna. Gli Etruschi disprezzavano Lucumone, figlio di un esule straniero. Tanaquilla afferra il consiglio migrando a Tarquinia. Persuade facilmente Lucumone e migrano a Roma.

L'Eroe Greco Achille

Complures Achivorum duces contra Ilion,magnificentissimam et antiquissimam Asiae urbem,venerunt atque vehementer pugnaverunt et virtute praeclaram gloriam obtinuerunt.Omnium ducum longe clarissimus fuit Achilles,Thetidos et Pelei filius.Inter Achivos duces tamen Nestor prudentior fuit Achille,Ulixes callidior et eloquentior Achille fuit,cum Agamemnon plura agmina regeret.Achilles tamen Agamemnone fortior fuit et superabat etiam reliquos duces.Achivi milites numquam Achille meliores fuerunt,nec audaciores sed ne procliviores quidem ad iram:Achilles simillimus puero erat.Plurimos hostes in proelis occidit,plures Troianos fugavit quam ceteri Achivi atque Hectora,strenuissimum omnium Troianorum,singulari certamine cecidit ante oppidi moenia.Achilli solus talus vulnerabilis erat et Paris,Priami filius,illum vulneravit atque virum necavit


Molti comandanti degli Achei vennero contro Ilio, città assai ricca e antica dell'Asia, e combatterono fortemente e ottennero con la virtù una illustre gloria. Tra tutti i comandanti fu di gran lunga più celebre Achille, figlio di Teti e Peleo. Tra i comandanti Achei Nestore fu più prudente di Achille, Ulisse fu più astuto e eloquente di Achille, quando Agamennone reggeva molte schiere. Achille tuttavia fu più forte di Agamennone e superava anche gli altri comandanti. Non ci furono mai soldati achei migliori di Achille, nè più audaci nè più inclini all'ira: Achille era assai simile ad un fanciullo. Uccise molti nemici nelle battaglie, mise in fuga molti troiani rispetto agli altri Achei e ad Ettore, il più feroce di tutti i troiani, cadde in un singolare combattimento davanti le mura della città. Solo il tallone di Achille era vulnerabile e Paride, figlio di Priamo lo ferì e uccise l'uomo.

Filemone e Bauci

Vivebant olim in Phrygia Philemo et Baucis, pius vir et pia uxor. In parva casa habitabant, tamen fortuna sua contenti erant. Saepe Philemo feminae: "oremus et laboremus" dicebat "ut deos delectemus!" Saepe deis immolabant et rursus atque iterum orabant ut mala vitarent. Aliquando duo(due) ignoti viri sub vesperum casae appropinquaverunt et virum feminamque oraverunt ut cena hospitiumque pararentur; nam propinqui vici agricolae eos(li) propulsaverant. Tum Baucis libenter parvam cenam paravit, ut vires reficerentur, et Philemo sellas apportavit. Dum duo (due) convivae cenant, attente eorum (di loro) sermones vir et femina audiverunt. Mane autem duo(due) viri imperaverunt ut(che) Philemo et Baucis e casa emigrarent ad propinquum tumulum, atque ii(essi) statim oboediverunt. Duo (due) convivae, dei Iuppiter et Mercurius, vicum propinquum cunctosque incolas vastaverunt, sed ubi antea viri feminaeque casa parva fuerat, nunc templum fuit. Iuppiter feminae: "Vos pii et probi estis" inquit "orate ergo et impetrabitis!" Cito Philemo exclamavit: "Mandate nobis templum vestrum! Semper vobis fidi sacerdotes erimus".statimque deus obtemperavit.


Una volta vivevano in Frigia Filemone e Bauci, uomo buono e donna buona. Abitavano in una piccola casa, tuttavia erano contenti della loro sorte. Spesso Filemone alla donna diceva: pregheremo e faticheremo per onorare gli dei! Spesso agli dei immolavano e di nuovo e ancora pregavano per evitare i mali. Una volta due ignoti uomini a sera di avvicinarono alla casa e pregarono l'uomo e la donna di preparare la cena e l'ospitalita; infatti i vicini villaggi agricoli li avevano cacciati. Allora Bauci piacevolmente preparò una piccola cena, per rifocillare gli uomini, e Filemone portò le sedie. Mentre i due convitati cenano, attentamente l'uomo e la donna ascoltano i loro discorsi. Di mattina i due uomini ordinarono che Filemone e Bauci si trasferissero dalla casa a un vicino altare e questi obbedirono subito. I due convitati, gli dei Giove e Mercurio, devastarono il vicino villaggio e tutti gli abitanti, ma prima all'uomo e la donna era stata una piccola casa ora un templio. Giove alla donna: Voi siete buoni e onesti - disse - pregate dunque e otterrete! Subito Filomene esclamò: Affidateci il vostro tempio! Sempre a voi saremo fedeli sacerdoti! E subito il dio concesse.

Un ladro finito male

Dum Alexandri Magni, Macedonum regis, copiae Thebas expugnant, Thracii milites irruperunt in domicilium Timocleae (di Timoclea), mulieris magna animi vi praeditae. Tum a militibus clamore magno cibus, vestes, vasa magni pretii et supellex colligebantur et in tecto et in horto et in praedio. Thracius dux minaci voce mulieri: "Mox" inquit (disse) "locum ostende ubi (dove) pecuniam, aurum argentumque condidisti". Postquam mulier hostem in hortum duxit, altum puteum ei ostendit dixitque: "Si in puteum descenderis, ibi thesaurum meum invenies". Cum Thracius miles simulationem non intellexisset, statim ad puteum appropinquavit et diligenter eum inspiciebat: extemplo a callida Timoclea magna vi hostium dux impulsus est, in puteum cecidit, postea saxis obrutus est et vitam finivit.


Mentre le truppe di Alessandro Magno, re dei Macedoni espugnano Tebe, i soldati traci irrompono a casa di Timoclea, donna dotata di grande forza d'animo. Allora con grande clamore dai soldati vennero presi cibo, vestiti, vasi di molto valore sia in casa, sia nell'orto che in (praedio). Il comandante tracio con voce minacciosa alla donna disse: Mostra subito il luogo dove hai il denaro, l'oro e l'argento. Dopo che la donna condusse il nemico nell'orto mostrò a quello un pozzo profondo e disse: Se scenderai nel pozzo, qui troverai il mio tesoro. Non avendo capito il soldato tracio l'inganno, subito si avvicinò al pozzo e lo guardò con attenzione: subito dalla furba Timoclea con grande forza il comandante dei nemici fu spinto, cadde nel pozzo e coperto di sassi, morì